Oggi è l’anniversario del terremoto che ha devastato L’Aquila il 6 aprile 2009. Sono passati otto anni e il ricordo è rarefatto: l’anniversario non merita più le prime pagine dei giornali e resta solo nelle menti e nelle tastiere di chi ha vissuto, professionalmente ed emotivamente, quei giorni complessi. Non quelli della tragedia naturale. Quelli della gestione dell’emergenza.
Quando la Protezione civile ha deciso di installare la propria sede distaccata a L’Aquila l’ha fatto seguendo un protocollo che prevede la creazione della Di.Coma.C. Un acronimo che sta per Direzione di Comando e Controllo.
Da quel nome così inquietante nasce il titolo di Comando e controllo, il film che ho diretto, che Fulvio Nebbia ha prodotto, che Vincenzo Cicanese ha montato.
È un film “vecchio” di sette anni ma ancora molto attuale: esce dalla dinamica della personalizzazione degli eventi e tenta di comprendere i meccanismi che si generano quando una catastrofe colpisce un territorio e, soprattutto, le persone che lo abitano.
È questo che fa sì che Comando e controllo non invecchi e che lo rende un film cupo. Tutte le volte che mi capita di guardarlo a una proiezione penso che non sembra un documentario. Sembra un film dell’horror. E il suo finale mi fa paura, anche perché l’ho visto realizzarsi in gran parte, in alcuni casi arginato solamente dall’impegno della società civile (come nel caso delle centrali nucleari fermate dal referendum) e da quegli anticorpi che, piano piano, si stanno generando con il lavoro, l’impegno, l’informazione, la voglia di non fermarsi alle apparenze.
Così, sono molto felice del fatto che il film sia stato inserito nuovamente in programmazione al cinema. La proiezione è prevista il 9 aprile, domenica, alle ore 18 al Cinema Aquila di Roma.
Se sei da quelle parti e non l’hai mai visto potrebbe essere un modo interessante per recuperare la memoria di un evento che è già stato dimenticato, le cui conseguenze, però, sono evidenti. Le cui ferite sono ancora aperte. Non solo a L’Aquila ma ovuque.